Circa due settimane fa, si è scatenata la guerra dei mondi, fashionable speaking.
e mi piacerebbe dire la mia, visto che ci sto cogitando da allora e da allora non faccio che pensare e ripensare a cosa dire.
Quindi....
L'Antefatto:
Su La Repubblica esce un articolo firmato da un noto giornalista, Simone Marchetti, la cui penna e il modus operandi è sempre molto brillante, a mio avviso.
Questo articolo ha scatenato un'infinità di polemiche in quanto ha aperto una caccia bilaterale alle streghe, letteralmente parlando e non solo metaforicamente.
Nelle suddette righe del pezzo incriminato, il giornalista riportava i fatti, ovvero cioè che una nota blogger italiana - o forse direi LA fashion blogger più famosa del nostro Stivale- che di nome fa Chiara Ferragni ( strano che nessuno la nomini...come ho letto su uno dei mille articoli usciti dopo -mi scuso se non cito la esatta fonte ma ne ho letti tanti e veramente non ricordo dove-, mica è Voldermort che se si chiama per nome fa crollare ponti e strutture...) e risponde sotto http://www.theblondesalad.com/ - per partecipare ad un evento di Stefanel aveva chiesto un compenso.
Sempre il giornalista si domandava come mai questo sistema moda, così blingbling ma purtroppo tante volte incongruente, avesse permesso che una ragazza di 22 anni circa potesse dettare compensi e condizioni a un marchio che sicuramente fa parte di una realtà italiana così consolidata.
Almeno questo è quello che io ho evinto leggendo queste righe di cui sotto:
Da qui è partita una querelle senza fine.
Chi si è eretto a difesa di Chiara, chi invece ha condiviso su facebook l'articolo, ineggiando al giornalista che "finalmente aveva avuto il coraggio di dire le cose come stavano".
Peccato che molte di queste stesse persone che abbiano fatto share sul social network, facciano parte di quegli uffici stampa che hanno per primi fatto a gara per avere Chiara ai loro party.
Quello che penso io.
Chiara è sicuramente una ragazza molto in gamba: le va riconosciuto il merito di aver portato in Italia un genere che prima non c'era. Ha rischiato, mettendoci faccia e impegno, e ha avuto successo. Talmente tanto da diventare praticamente una srl. Da avere posti in prima fila alle sfilate. Da essere invitata e supplicata per partecipare ad eventi.Da ricevere regali da ogni dove.
E quindi?
Lei cavalca l'onda del suo successo.
Piace o non piace?
A ognuno il suo giudizio.
Ma come ho scritto come motto del mio blog, entrare nei blog altrui è come sedersi al loro tavolo della colazione, per prendere un tè insieme.
Non ti piace il suo blog?
Non lo guardare. Non lo seguire.
Sharing is love.
Non la invitare a un evento, se non ritieni che sia in linea con l'azienda per la quale si lavora.
Simone ha fatto a mio avviso benissimo a scrivere questo articolo. E ripeto, leggendolo con attenzione si capisce che non è per niente contro Chiara o contro le altre fashion bloggers.
Ma è contro il sistema.
Questo sistema moda che prima ti erge a eroe assoluto, ti fa sentire coccolata e vezzeggiata. Poi in un amen, spinto da invidie e autoreferenzialità ti distrugge senza darti nemmeno la possibilità di replica.
E questo non è giusto.
Questo sistema moda, che legittima atteggiamenti egocentrici ed ego riferiti, che credita personaggi che fanno ridere, se visti da fuori ( vedi sotto Miranda del Diavolo veste Prada).Però, purtroppo per noi, di questi personaggi è pieno questo mondo. Questi personaggi che sono, come ho già detto, responsabili solo delle loro vanità. Che lanciano spillatrici o bustine di tè contro poveri stagisti mal capitati, che il loro unico errore è stato quello di mettere troppo zucchero nella loro bevanda.
Questo sistema moda che purtroppo ti riempie di così tante pressioni che a volte ti fa essere la copia brutta di te stesso.
Io stessa mi rendo conto, mea culpa, mea grandissima culpa, di trasformarmi in iena, in una piccola signorina Rottermayer con le mie girls care, quando mi fanno tribolare.
Perchè questo sistema moda, tante volte, ti fa perdere il contatto con la realtà, e a volte ti fa pensare che in realtà stai salvando una vita, mentre alla fine della giornata sono solo vestiti. E' solo tanto chiffon e tanta lana.
Non mi fraitendete. Io amo la moda. Ogni tanto solo mi fermo a pensare what if avessi scelto un altro lavoro e avessi lasciato il fashion solo come hobby?
Forse è solo ciò che sta intorno alla moda che si fa fatica a digerire.
Forse bisognerebbe che tutti noi, famosi addetti ai lavori, ci ricordassimo che alla fine siamo all humans, e sopratutto stiamo parlando di abiti, non di cuori da esportare o da bombe da far esplodere.
Calm down.
Vorrei anche sottolineare che molte delle mie più care amiche le ho conosciute grazie a questo lavoro, quindi lungi da me il voler sputare nel piatto dove mangio.
Anzi.
Mi piacerebbe solo che si ritrovasse un po' più di serietà. Un po' più di solidarietà. Un po' più di umanità.
Io sinceramente non seguo il blog dell'Insalata Bionda.
A livello lavorativo ho scelto di lavorare con altri fashion bloggers: queste ragazze, tipo
Veronica e il suo frutto della moda o Eleonora e il suo JoujouVilleroy.
Perchè a me piacciono i blog che mi lasciano qualcosa, alla fine della lettura.
Che mi divertono. Che mi facciano riflettere. Che mi insegnano qualcosa.Che mi informano.
Amo il blog di
Lucia, perchè non c'è un post che non mi faccia sorridere.
Adoro
Valentina , perchè Valentina è mia amica, e poi adoro come il suo fidanzato la guarda ogni volta che prova un outfit: con gli occhi a cuoricino.
Mi innamoro di ogni scatto che Elena con il suo
catching istants condivide con noi.
Mi piacerebbe concludere con una frase:
A relatively new field, called interpersonal neurobiology, draws its vigor from one of the great discoveries of our era: that the brain is constantly rewiring itself based on daily life.
In the end, what we pay the most attention to defines us.
How you choose to spend the irreplaceable hours of your life literally transforms you.
All relationships change the brain — but most important are the intimate bonds that foster or fail us, altering the delicate circuits that shape memories, emotions and that ultimate souvenir, the self.
Quindi, “What we pay the most attention to defines us.”
Direi che questo è ciò che definirei cibo per la mente.
Per quanto mi riguarda io sto cercando di lavorare molto su me stessa. perchè tante volte sbaglio, tante volte non ascolto, tante volte strepito per un nonnulla e mi impanico in mezzo secondo.E invece no. Perchè la mia mamma dice che sono un cuore di panna, e le mamme non vanno mai deluse.