a gipsy in the kitchen | love, food, fashion.

a gipsy in the kitchen | love, food, fashion.: settembre 2013

mercoledì 25 settembre 2013

you're just too good to be true - from marieclaire.it with love

Così.
Si all’Amore.
L’altro giorno stavo gaurdando questo video e una riflessione è partita spontanea


Quante volte abbiamo detto si, veramente, nella nostra vita.
Si, incondizionatamente e senza preoccuparci delle conseguenza, ma spostando il focus solo su quel momento di assoluta perfezione, totalmente permeato da farfalle nello stomaco, baci che strappano le labbra e occhi lucici inondati da piacere.

Quanto volte abbiamo deciso di seguire solo quello che le nostre emozioni richiedevano, facendo tacere la testa, e non importa cosa succederà domani, perché adesso c’è solo il qui e ora.

Quante volte avremmo potuto e possiamo dire si: si alla vita, si alle meravigliose opportunità che ci riserva.

Un attimo ti senti finita, e quello subito dopo ecco che arriva la sorpresa che ti svolta il destino e tu rimani così: senza parole.

Quella famosa chance.
Quel famoso buttarsi senza aver paura della vertigine, dispiegando le ali perché in fondo è tutto vero quando dicono che chi ha le ali e non vola è da punire.

I si che cambiano un percorso: che fanno incontrare e unire in connessione persone che altrimenti mai si sarebbero incrociate.
“sono troppo stanca, questa sera non esco”
“Dai ti prego vieni, non puoi lasciarmi sola, quattro chiacchere e andiamo”.
E tu stai lì a pensare: i miei capelli che non sono a posto, il vestito che non ho e mille ostacoli ma poi bang! E si esce e il destino cambia.

Le famose porte scorrevoli.
Quando si apre il portone che aspettavamo cosa si fa?

Bisogna solo credo mollare gli ormeggi ed avere fiducia che Qualcosa di più grande sta accadendo: una forza che ci spinge nella giusta direzione.
E allora si.

Molti si hanno cambiato la storia dell’Umanità.
Io dico sempre sì, perché è una parola che sorride di per sé e porta arricchimento.
E’ una scommessa con la felicità, un approccio ottimista  al futuro.

Per la stessa legge che dice che è meglio fidarsi che non fidarsi.
E’ meglio dare, e dare tutto quello che si può e oltre, piuttosto che ricevere.
E’ meglio perdonare, sempre.


Quindi dicevo: non aver paura se non della paura stessa.
A volte dei si magari portano anche scelte sbagliate, ma per quelle c’è sempre tempo per rimediare. Intanto l’esperienza si accumula e mai come  in quell’istante, se si sente di fare la cosa giusta, allora è la cosa più perfetta per noi in quel momento.

Si. Si.
Si lo voglio.
Si sorrido.
Si ci provo.
Si parto.
Si, ce la posso fare.
Si condivido.

Abbandonare ogni motivo per il quale si possa pensare che non funzionerà e concentrarsi anche sull’unica ragione per la quale invece tutto  si svolgerà nei migliori dei modi.

Lasciarsi avvolgere di nuovo dalla fiducia nell’aspettativa, spinti solo dal coraggio del proprio pensiero, del proprio amore, della propria felicità.
Abbracciarsi, come in questa ricetta, dove la pera coscia ha deciso di dare una possibilità al  chiodo di garofano, e si sono trovati così bene da amalgamarsi in un’unione armoniosa e delicata, di quelle che ti fanno sospirare l’ancora subito e  immediato.







Marmellata di pere coscia aromatizzata ai chiodi di garofano e cardamomo.

Per circa 6 vasetti

1 kg e mezzo di pere coscia
400 gr di zucchero
una manciata di chiodi di garofano
il succo di tre limoni
una punta di vaniglia
1 cucchiaio di cardamomo

tagliare le pere e  privarle dei semini e della buccia.
Metterle in una larga cocotte e cospargerle di succo di limone. Aggiungere i chiodi di garofano.
Aggiungere lo zucchero e lasciare macerare per due ore circa.

Mettere sul fuoco e far  cuocere con un filo d’acqua. Aggiungere la vaniglia e il cardamomomo.
Lasciare sul fuoco, schiumando per circa venti minuti e pasare velocemente con il frullatore ad immersione.  Lasciare ancora sul fuoco per circa dieci minuti o almeno fino a quando non raggiungerà la consistenza perfetta – fare la prova mettendo un cucchiaoio di composta su un piatto. Se la goccia è densa, è pronta.

oggi mi trovate qui
http://www.marieclaire.it/Cucina/Il-blog-di-Alice-Agnelli









martedì 24 settembre 2013

C'era una volta - fairy tales gone magic.

C'era una volta,  e 'c'è tutt'ora una bella fanciulla.

Il suo nome coincideva con il nome di una di quelle che chiamo e reputo "sorelle", quindi i lettori capiranno il perchè questa fanciulla sia subito divenuta una eroina per me.
Il suo nome è per l'appunto questo, ma noi la chiameremo solo S.

Una foto scattata da S, la nostra eroina

S. era una principessa dai capelli ricci, quei bei ricci che assomigliano a dei grovigli perfetti, e che vanno a incorniciare un viso simpatico, decorato da labbra carnose che elargiscono sorrisi come se fosse il loro naturale compito e dovere.

S, era dotata anche di due occhi incredibili, quegli occhi che a guardarli perdi la testa, che ti confortano e stupiscono dalla profondità.

Non solo: ha un dono che rari hanno.
Sa catturare istanti in un batter di ciglia, momenti rubati alla perfezione dell'attimo e li traduce in tela fotografica.
Uao.

Gipsy ritratta dalla nostra principessa S. 



tutti questi scatti meravigliosi sono le tele di S., la nostra eroina.

Tuttavia per portare a casa la famosa pagnotta, la nostra principessa doveva lavorare, e fare un lavoro che per nulla coincideva con la sua anima letteraria: si occupava di carrozze, cavalli e carri. Belle carrozze eh!fatte tutte luminose e decorate con cristalli, ma pur sempre carrozze erano!

Il suo essere eccezionale e grande le permetteva di ritagliarsi del tempo per seguire le sue passioni, i suoi sogni: anche con gli occhi stanchi, anche con le gambe che crollavano di stanchezza, lei non smetteva un attimo di scattare fotografie e regalare a chi la seguiva momenti di intrascurabile felicità, una volta che i suoi ritratti, le sue visioni, prendevano forma e diventavano tangibili.

La nostra eroina, come in tutte le storie aveva un nemico: un nemico oscuro, di quelli che feriscono ancora di più che le spade.

Di quelli che ti graffiano nell'anima e ti portano giù nel dirupio fino quando il cuore è strappato e poco ci fa anche il miglior cicatrizzante.
Sto parlando di un nemico contro cui lottiamo tutti: il nostro senso critico.

Il nostro non aver fiducia in se stesse.

Il nostro demolirci, il nostro essere così inflessibili, i più severi giudici, da non perdonarci nulla, anzi. Da infliggerci i castighi peggiori.

Quante volte ci è capitato di sentire il cuore martellare nel petto come un tamburo, fino ad arrivare in gola e toglierci il fiato, che sembra quasi di morirne.

Quante volte abbiamo dovuto sfoderare le nostre armi migliori per combattere quella vocina che in noi stesse ci esortava a mollare tutto, perchè non ce l'avremmo mai fatta, perchè non eravamo abbastanza: belle, brave, simpatiche, intelligenti.

O solo perchè quella stupida voce ci diceva che non ce lo meritiamo, che non meritiamo la felicità.

Peggio che mai quando ci si mettono le cattiverie della gente: gente che mormora, gente invidiosa, o gente che a sua volta sta combattendo la sua di battaglia e per difendersi pensa che la migliore strategia sia l'attacco.
Questa gente che ha deciso di rinunciare ai suoi sogni, e pretende che tutti si rinunci, per cosa poi?
Per creare un mondo di scontenti, di uniformati, di persone sole, in compagnia delle loro paure, per l'apppunto.

E Gipsy?
Gipsy ha la pretesa, ora come mai, di entrare nella favola di S, come una fatina. Sono o non sono la fatina del Plastic?Sono o non sono piena di stelle tatuate?

Quindi parimpampù, come abbiamo imparato quando eravamo fate nane tutte di rosa e Pupi Solari vestite: la mia magia è questa mia dolce amica.
Voglio che tu ti veda come ti vediamo noi.
Che tu impari a fregartene, anzi scusa: a

F R E G A R T E N E

Di tutto quello che non siamo noi, noi che siamo il tuo esercito dell'Amore, noi che forse abbiamo nomignoli e soprannomi da boschetto della fantasia - Ciccio, Gipsy, Pacco, Micio, Gigio e via dicendo per intenderci.

Ma che ti vogliamo bene e credimi: sei top.

Ma sei così brava che lasci senza fiato.
Se così brava che non devi mai e poi mai arrenderti alle indecisioni e alle paure altrui.

Alza la testa bambola, è il momento di brillare, di vivere, di seguire ciò che i tuoi sogni stanno aprendoti, come strada e percorso di vita.

Mai mai mai dubitare della tua forza.
Credici fino in fondo, perché noi crediamo in te.

E ce lo devi: ce lo devi di mettere tutte le tue foto nei musei e nelle riviste più importanti così che poi facciamo una delle nostre feste, anzi meglio, un gipsy picnic a base di mojito, da ridere fino a stravolgerci.

Quindi mia cara S, rock it on babe!

Il finale di questa favola sarò sempre io  a scriverlo, ma sei tu a deciderlo: vorrei tra sei mesi raccontare che la nostra eroina sta brillando più di una di quelle stelle che mi incanto a guardare.

Vorrei scrivere e saperti felice, innamorata di un uomo vero e del tuo lavoro, che poi è il sogno divenuto realtà.







Ed ecco nel frattempo una ricetta che segna la fine di questa storia.
Che tu possa gustarla mentre tagli i fili che ti trattengono dall'essere specialmente unica.

Il plumcake marmorizzato delle principesse

Nel carrello della spesa:

200 gr di farina
200 gr di zucchero
100 gr di burro fuso, freddo.
15 gr di lievito
cioccolato tritato qb
1 cucchiaio di vaniglia
4 uova a temperatura ambiente
100 ml di latte

Andiamo ai fornelli:

Montare le uova con lo zucchero per circa 10 minuti.
con una spatola per non smontare l'insieme, inserire lievito, burro fuso, vaniglia, latte  e farina.
Versare il contenuto in uno stampo da plumcake foderato di carta da forno.
con delicatezza inserire il cioccolato spolverizzato e con movimenti delicati e sfioramenti leggermente mischiarlo nell'impasto.
Informare a 160°C in forno pre riscaldato per circa 50 minuti.


Happy ending to be continued...


lunedì 23 settembre 2013

Troverò una storia da raccontarti all'alba.


Io che ho 34 anni, cammino 8 kilometri al giorno circumnavigando la mia Milano con la musica nelle orecchie e i pensieri che non si fermano mai.
Che bevo il cappuccio solo se è chiaro e con un cucchiaio di nutella affondato dentro.




Che scrivo scrivo e scrivo, e che già da tempi immemori sapevo che la mia vita sarebbe stata legata alle parole.
Che amo l'arancione solo quando viene mischiato con il viola e mi vestirei solo di bianco.
Che ho il viso troppo tondo, come una bambina, e la carnagione bianca che basta un raggio di sole senza protezione e divento la sorella di Mister Tomato.

Che guardo l'ora sul cellulare e trovo sempre il numero doppio: 13.13. 09.09. 10.10.21.21.
Che placo le ansie con fiori di Bach, tè verdi e letture di tarocchi.
Che sono ipocondriaca e mi curo solo con tachipirina, viks e massaggi olistici: dal mal di denti alla febbre, passando per le coliche.

Che penso che l'acqua frizzante faccia da idromassaggio allo stomaco.
Che credo nella limpidezza degli intenti e nella sincerità delle intenzioni.
Che ho sempre freddo.

Che cucino, sempre di più.

Che vorrei una casa tutta bianca con al posto delle porte delle tende di lino.
Che prendo aerei come fossero taxi.
Che ho 8 tatuaggi e non ho intenzione di fermarmi.
Che non esco di casa senza rossetto rosso.
Che le unghie pure sono sempre rosse.




Che mi vestirei solo di macramè di Valentino ma che adoro ciondolare con cenci un po' hippie lanciati a caso addosso al mattino appena sveglia.
Che cambio sempre idea.
Che odio pettinarmi.
Che perdono sempre tutti.

Che non so guidare il motorino.
Che amo la pioggia.
Che i miei risotti sono tanta roba.
Che nonostante tutto riesco ancora a guardare la prima neve con sorpresa.
Che nonostante tutti, mi fido sempre.

Che sono una fucking naive.
Che amo Parigi.
Che zampetto in tacco 15, possibilmente con plateau e le gonne le preferisco corte.
Che ho imparato a bere la birra e non rinuncio al primo camembert di stagione.
Che passo dai Club Dogo a Jay Z senza fermarmi fino a Baglioni. Con la stessa disinvoltura con cui colleziono cappelli.

Che fotografo tutto.
Che il sale sulla pelle mi piace.
Che quando ho sonno gli occhi diventano come quelli di un ranocchio.
Che al mattino per carità non mi parlate fino al secondo caffè.




Che quando amo, amo forte.
Che disegnerei solo stelle.
Che amo gli uomini con la barba.
Che non ci vedo una cippa lippa e dovrei sempre usare gli occhiali ma mi stanno male.

Che la nostalgia mi fa sentire viva.
Che spendo il mio guadagno in creme Aesop perchè sono tutte fatte di natura e sanno di buono.
Che altro che Principe Azzurro: io sono sempre stata innamorata di Babbo Natale.

Che metterei zenzero e cannella ovunque.
Che sono una buona amica.

Che faccio yoga e bevo mojito.
Che ho tantissimi asterischi.
Che sono anche abbastanza lunatica e permalosa.

Che amo i baci che ti tirano fuori lo stomaco e ti mordicchiano le labbra.
Che amo l'oro rosa.
Che seppure il mio bisogno d'amore è tanto, è anche vero che basta pochissimo per farmi felice.
Che soffro di vertigini.

Che ha fatto una follia.
Per mangiare di nuovo la pasta con i gambas spadellati al brandy.
Per distrarre il pensiero da qualche nostalgia che brucia ancora un po', e si sa che tra la scottatura e il bruciore passa sempre un po' di tempo.
Perché bisognava che mi incantassi a vedere il mare, con lo sguardo fisso e un po' perso, ché non è detto che tutti coloro che vagano sono persi. Perché sapevo con assoluta certezza che il sole settembrino e le acque blu  mi avrebbero resa di nuovo me stessa.

Due aerei, 48 ore nella mia Formentera.
Con i miei migliori amici: ho giocato a fare la principessa per 2880 minuti circa.

I miei migliori amici: che sono i fratelli maggiori che desideravo da sempre.
Che mi proteggono, che mi fanno ridere, che sanno darmi la dose giusta di coccole.

Che grazie a loro, torno a respirare, senza affanno.

E allora si, che il bene non ha più confini.





giovedì 19 settembre 2013

Harvest Moon.

Settembre.


Per me è sempre stato un bel mese: mi piace la luce offuscata del sole nuovo che ci avvolge, l'aria che si fa frizzante e al mattino ti avvolgi  nel profumo della lana nuova. E ancora: il profumo delle cartolerie, degli astucci delle matite ben temperate.
Trovo tutto questo delizioso.

Mi piace Sunday Morning dei Maroon Five: quando dice sunday morning rain is falling, steal some covers share some skin. 
Mi piacciono le foglie gialle al bordo della strada.
Mi piace che la mia fashion week sia fatta di torte che lievitano nel forno, nani che mi chiamano zia con cui passare la serata e amiche belle che mi abbracciano e con cui parlare e trasformare un normale risotto al rosmarino nella notte da ricordare sempre e per sempre.

Mi piacciono i whatzup inaspettati che quando arrivano sei un po' basita ma poi dato che si è inguaribili fucking naive romantiche, si sorride con meno affanno, che come qualcuno ha scritto ieri,  è bello pensare che esiste un tipo di amore che non si affanna. "Che l'amore felice respira lentamente". E adesso lo sappiamo, e forse veramente avrei dovuto capirlo prima, ma va bene così, sono tutti percorsi, passi che si fanno verso il  respirare a pieni polmoni. Non si può essere felici quando si ha il fiato corto.

Mi piace che si comincia a pensare al Natale.



Mi piacciono le mie amiche che sono diventate sorelle. Che hanno il mio stesso punto di vista sulle cose. Che mi incoraggiano. Che hanno meravigliose cicatrici di battaglie perse, e qualcuna vinta e ciononostante non si arrendono ma che a viso alto sorridono a ogni novità che incombe. Che cercano, come me, di far quadrare i conti, di rimanere in quel sottile bilico perfetto tra l'essere divertenti e l'essere sexy, tra il compiere il proprio dovere e l'affrontare la vita con quella leggerezza che ci contraddistingue e che ci rende: diverse.

Amo anche  il rosa cipria. Tanto. Mi vestirei così da capo a piedi.
Amo il primo sorso di tè verde al mattino, quando gli occhi sono ancora impastati di sonno e difficilmente connetto i pensieri alle parole.
Amo leggere le parole nei discorsi degli altri e trovare connessioni casuali tra queste.
Amo le belle canzoni che ogni tanto hanno quella frase lì che è perfetta per il momento: De Gregori ne fornisce sempre un sacco. Ma anche Pharrel non scherza, ecco.

Amo vagare. A caso.
Amo il profumo della pelle prima di dormire: piena di Aesop e lavanda e morbida e confortata dalle creme idratanti.
Amo i sabati mattina e quella luce che li avvolge.
Amo le coperte sul divano.
Amo un buon risotto e un buon vino.
Amo quando ho un po' di febbre che si è tutti caldi e la testa è leggera.
Amo ricevere piccoli preziosi bouquet, inaspettatamente. Con fiori di campo, raccolti per strada, al ciglio dell'asfalto.

Amo cucinare la zucca. Tantissimo.Oh si proprio tantissimo.Amo anche andare a comprarla dal fruttivendolo e amo ancora di più quando si offrono di tagliarla che io con il carving non sono molto brava.
Amo i vecchi film con Maryl Streep da giovane: tipo "la mia Africa".
Amo  il profumo di legna, le pigne e i ricci delle castagne.

Comunque, io e la mia anima gipsy amiamo.
 E forse proprio grazie a queste piccole cose amorose, quasi rituali,  posso sorridere quando magari la vita non è così facile. 
Come ora, che ogni tanto vieni travolta inaspettatamente da momenti di nostalgia fulminante: tipo quando sei seduta con il tuo cappuccino davanti, oppure quando percorri in macchina quella strada tra i boschi e la luce è chiara e il nodo in gola sembra fatto da Yamamoto.

E questo è importante: perché è come un PS o un NB che  richiama con un asterisco * al fatto che possiamo ancora sentire, laddove vuol dire provare emozioni e abbattere muri costruiti da grandi corazzate pur di evitare ogni nuovo sentimento o un rimettersi in gioco.

Che comunque il tempo delle passioni è passato: ora sono ammesse solo persone che facciano la differenza, che esplichino il valore aggiunto del loro partecipare alle nostre esistenze..Che regalerà piacere da lasciare i capelli appiccicati al viso. Che avrà la barba e gli occhi buoni. Che  si riderà e ci saranno venerdì sera passati a mangiare formaggio bevendo vino sul tappeto.

E poi ci sono  vorrei che trasudano verità e stati di pensiero. A tratti confusi, a tratti precisi.
Tipo che una delusione  è stata più forte del previsto perché non corredata da spiegazioni: ...e vorrei scrivere qualcosa di più preciso ma mi mancano le parole.
Tipo che sono terrorizzata dai prossimi giorni di settimana della moda: ma che amo Parigi e amo che mi farò il nono tatuaggio lì con Pierre e Bibi. Amo la casa che affitto ogni anno, lì in rue des archives che mi accoglie con i suoi soffitti bianchi e i piumoni bianchi e il camino in cucina.
Tipo che passerei le giornate a scrivere al mio Mac in un bar, bevendo cappuccini, caffè e tè. 
Tipo che vorrei sentire di più l'appoggio della mia famiglia
Tipo che l'altra parte delle giornate le passerei passeggiando per parchi dalle foglie gialle e rosse e cucinando per le persone che amo.

Tipo che non vorrei avere tutti questi conti da pagare, un po' emotivi, un po' numerici.

Tipo che ieri notte ho cucinato fino all'1.30 del mattino ed ero distrutta con burro nelle unghie e nei capelli ma ero semplicemente: felice.

Tipo che adoro che io e #family abbiamo gli stessi asterischi.

Tipo così.

Tipo che poi ci sono vellutate che ti riscaldano anima corpo e pensieri.
E allora va tutto così bene. E allora tipo che tutti i tasselli riprendono forma e dimensione.

Tipo che questa è la ricetta.
Tipo che.




Vellutata di zucca e patate dolci al profumo di basilico con quenelle di formaggio

mezza zucca
2 patate dolci
sale himalayano varietà "india" - da Superpolo a Milano
1 porro tagliato grossolanamente con le forbici
2 carote di piccole dimensioni
formaggio fresco tipo philadelphia o ricotta 

Fare soffriggere leggermente il basilico con il porro. aggiungere tutte le altre verdure e aggiungere un filo di acqua, tanto quanta ne occorre per coprire le verdure a filo. Far bollire e attendere che ogni parte sia morbida. Passare tutto al frullatore ad immersione, aggiungendo tre cucchiai di formaggio.
Prima di servire aggiungere qualche foglia di basilico e con un cucchiaio creare una quenelle di formaggio.

mercoledì 18 settembre 2013

#ti guardo nel cuore

Oggi è una data speciale.








Un giorno di quelli che potrebbero passare così, come nascono, con il rumore del bollitore dalla cucina, la luce troppo forte che entra dalla finestra, un giorno così,senza bisogno di essere ricordato o sottolineato.

E invece no.
Oggi per me è un giorno speciale.

Non  perché è il primo giorno di settimana della moda milanese, che se proviamo a guardare oltre il semplice contesto dove ci troviamo, l'hashtag  "#mfw" nessuno sa cos'è e nessuno da cotanta rilevanza perché in fondo, l'unico asterisco degno di nota è quello  così speciale che rimanda a un panorama utopico dove l'emozione dovrebbe fare da regina incontrastata.

Quindi si: per me oggi è speciale perché è il compleanno di Lucia Annibali.

Chi è Lucia?
Lucia è una giovane donna di 36 anni, dal caschetto lungo, che già immagino andare dal suo parrucchiere e con occhi supplichevoli pregarlo di non tagliare troppo, che noi lo sappiamo che alla fine la vita è quella cosa che ti capita, come disse qualcuno, mentre lotti con doppie punte e kili di troppo, e nel mezzo ci sta quel momento in cui i capelli crescono e mai si vorrebbero spuntare.

Lucia è un'avvocato in gamba, che ha studiato, che ha vissuto l'università sognando tra amore e codici di diritto, temendo la prova finale e correndo dai suoi genitori con i libretti pieni di 26 e 30.
Lucia è una ragazza come noi, che guarda il telefono prima di addormentarsi per vedere se whatzup  che trilla, ci potrebbe regalare una buonanotte speciale, corredata da qualche emoticon a forma di cuore.

Lucia si è innamorata ed ha amato. Ha amato così tanto da crederci a più riprese, da non risparmiarsi mai, per quell'amore. Lucia che quando ama, ama fino in fondo, senza riserve, senza aspettarsi nulla, se non la reciprocità del sentimento, la fiducia di potersi abbandonare a un sentimento che protegge e apporta il valore aggiunto.

Purtroppo non tutti gli amori portano il lieto fine che da bambine ci hanno fatto credere possibile.
Tante storie finiscono,ma di solito, per la legge del contrappasso, per quanto dolore il nostro cuore sopporta, poi tanto nuovo, tanto amore ci investe inaspettatamente.
E si dovrebbe ripartire da qui.

Lucia era fidanzata con una persona indefinibile: io quanto meno non riesco e non voglio giudicare perché forse, ad ora, il giudizio sarebbe troppo scontato.
Lucia che ha cercato di costruire tele e paracaduti a un amore che evidentemente non reggeva il peso della fantastica quotidianità serena.
Lucia è stata aggredita e sfigurata da questo uomo che prima le faceva l'amore, che prima le accarezzava il corpo, che prima aveva la mappa di ogni sua piega, di ogni suo neo, di ogni sua ombra.
Amore malato, l'hanno chiamato. Amore ossessivo.
Vi prego: non si faccia confusione.
Non vedo nulla di amoroso in questa vicenda.

Faccio un passo indietro, e mi limito a dire che colui che ha compiuto questo gesto ora, ha più bisogno di aiuto di quanto ne abbia Lucia.
Si perché gente: Lucia è una guerriera. Lucia Combatte, ogni giorno. Lucia ha alzato la testa verso un destino che le ha giocato un brutto colpo.
Lucia ha ripreso in mano la sua sorte, con un sorriso, con ironia e pronta ad affrontare tutto ciò che serve per cominciare di nuovo a sorridere, per guardarsi allo specchio e trovarsi bella, per dare coraggio a noi, ignari spettatori che non possiamo fare altro che immaginare quanto questo dolore le causi disagio.
Lei invece no: è pronta a ripartire, a ricostruire, a donare di nuovo il suo cuore stropicciato, ma luminoso, come mai è stato.

Ciao Lucia, 

io non ti conosco se non attraverso foto ed articoli. 

Vorrei farti un augurio, che era stato fatto a me, un anno fa.

Ti auguro tutto e niente. 

Niente che  ti faccia soffrire.

E poi tutto: tutto quello che ti rende di nuovo felice, in questo"anno zero" della tua vita che verrà, dove si ricostruirà su macerie e tu sarai ancora più bella, più forte e più meravigliosa di prima. 

Ti auguro persone e anime affini a te che possano reggere questo carico emotivo , perché le tue spalle non soffrano troppo il peso di un fardello così impegnativo e il tuo sorriso possa ancora trionfare. Ti auguro amore, ma quell'amore bello, che ci hanno insegnato da piccole e nel quale sempre vogliamo credere.

Queste sono tutte per te.
Madeleines, perchè confortano. Arancia e cannella perchè scaldano e fanno sorridere.

Buon compleanno chèrie.

tua Gipsy






Madeleines della vita che verrà

Ingredienti:

Buccia di 1 arancia tritata
Cannella qb
150 gr di farina 00 setacciata
125 gr di burro ammorbidito
150 gr di zucchero
2 uova grandi
2 cucchiai di latte
1 cucchiaino di lievito chimico
vaniglia ( di quella buona però!)

Sbattete le uova con lo zucchero fino ad ottenere un composto bianco e spumoso 
Aggiungete progressivamente la farina e il lievito, poi unite il latte e il burro ammorbidito.
A questo punto aggiungete cannella e arancia.
Mettete l'impasto in frigorifero per almeno 30/40 minuti.
Nel frattempo preriscaldate il forno a 220°C.
Versate poi un cucchiaio di impasto in ogni alveolo, e infornate a 220°C per i primi 4 minuti. Poi abbassate la temperatura a 180°C per altri sei minuti.




oggi mi trovate qui

martedì 17 settembre 2013

Panino Lab. I milanesi sono affamati e Carlo Zerbi risponde. Honest Cooking.

E' che noi amiamo l'old school.




Amiamo le ancore disegnate sul corpo, così, un po' spudorate, un po' delicate che però ci ricordano sempre che siamo delle tipe che la speranza è l'ultima a morire.

Amiamo il burrocacao, si proprio il labello: nella versione blu oppure, se vogliamo essere spregiudicate, quello rosso alla ciliegia.

Amiamo le camicie a scacchi, quelle anche di flanella: i pigiami da uomo e le camicie bianche sopra il jeans. Amiamo pattinare sul ghiaccio in inverno e lo sci, mica lo snowboard, noi siamo per le discese sbizzarrite con i capelli al vento.

E poi ancora: la coca cola nelle bottiglie di vetro, lo zaino invicta e le stampe naj-oleari.  Le collane di perle e i cardigan piccoli e di colori indecifrabili. Le macchine da scrivere, i barbeque, le lettere scritte a mano, le All Stars, i cartoni come I puffi, Holly & Benji, è quasi magia Johnny, magica magica Emy.. 

Amiamo gli uomini con la barba, un po' tatuati, che ti corteggiano e ti strappano il respiro mentre ti baciano: farfalle nello stomaco e obbiettivo designato.

E amiamo le merende: quelle a base di pane burro e marmellata.Amiamo la semplicità: pane e salame . Un comune denominatore, quindi: il trionfo del panino per eccellenza, il comfort food più confortante e semplice, ma allo stesso tempo ricercato. 
E c'è chi ne ha fatto arte, facendolo diventare mestiere.


Un posto a Milano dove il panino è enfasi gustativa e grazie all'abilità del fautore di cotanta maestria, il panino fa da protagonista a pranzi di avvocati, giovani rampanti deloittiani e il popolo fashionista che affolla Via Tortona.

Sto parlando di Panino Lab, e sto parlando con Carlo Zerbi, il boss di casa. 
La destrutturazione di piatti ricercati e ingredienti sublimi trasformati e resi accessibili tramite un semplice e unico ingrediente: il pane.

Eccoli: provati e approvati dalla vostra Gipsy.



Ce ne sono di fantastici e l'indecisione che ti assale quando devi scegliere quale mangiare la dice lunga: Emilia - mortadella artigianale IGP, olio al tartufo di Acqualagna, crema di pistacchi di bronte -  Brest - sgombro del Portogallo, formaggio alle erbe tartare, carpaccio di limone e pepe nero- Toast Royale - culaccia cotta affumicata di culatello, crema di fontina valdostana, cipolle di Giarratana, olio tartufato e acciughe. Queste le mie scelte.

Ottima selezione di birre: poche ma buone - Stelvio docet. E per dirla alla yankee, Stelvio rules.

E adesso due parole con Carlo, parole che fanno breccia nella curiosità intrinseca del mio essere foodie per vocazione, hipster fighetta milanese di nascita, gipsy per passione e come timbro di fabbrica:

- Parlaci di te.
 Carlo Zerbi, un ex ragazzo con la passione del cibo da sempre.  Ho iniziato a cucinare con mia nonna quando avevo poco più di 6 anni.Una passione che mi ha portato a cucinare anche per il mio matrimonio. Per il compleanno dei 40 anni ho affittato un locale e ho cucinato per 40 invitati. Le vacanze sono sempre state all’insegna della scoperta di qualche sapore nuovo o trovare un ingrediente particolare. Nella vita ho fatto molti mestieri diversi, fotografo, computerista, controller di gestione…….credo che la vita sia troppo breve per fare un lavoro solo……

- Tre aggettivi che ti descrivono
Curioso
Metodico
Caparbio

-  Come questi tre aggettivi rientrano nella tua cucina.
Curioso, alla scoperta costante e infinita di prodotti e ingredienti nuovi,
Metodico, i prodotti devono essere i migliori…….l’organizzazione è fondamentale in tutto…..
Caparbio, per aprire un attività in italia è condizione sine qua non……..

- Com'è nata l'idea di panino Lab
Paninolab……panino diventa contenitore e contenuto, un pasto sano con prodotti di alta qualità. Una pausa per coccolarsi e scoprire sapori e abbinamenti inusuali………aprire un ristorante? Forse un giorno………Mi piaceva l’idea del panino. Pane elemento atavico…….primordiale quasi…….

- Inventa un panino per me
Vediamo……direi……….se ricordo bene….sei minuta….con fare delicato….
Quindi direi…..un mix di delicato con picchi di sapore…. Salsiccia di bra….( una salsiccia di vitello che si mangia cruda….presidio slowfodd di Bra) delicata…dolce…morbida. Cardo gobbo del Monferrato, croccante…..leggermente acidulo…… Bagna Cauda, una salsa di aglio e acciughe……picco di forza……..

-  e se entrasse Obama, cosa gli prepareresti?
Personalmente ritengo gli americani degli ottimi businessman…ma pessimi cuochi….è solo una questione culturale….
Gli proporrei un panino con…….Maionese fatta in casa con basilico di Pra ( ketchup? Si scrive così?), Gamberi rossi di mazara del vallo avvolti in pancetta croccante

- la tua fonte di ispirazione
tutto…..ricerca costante ……Esempio….questa estate tornando da Maiorca…mi sono fermato apposta a Barcellona a provare una paninoteca famosa spagnola…..

Non mi resta altro che dirvi di passare di qui, perchè è  geniale, bello e anche buffo, nell'eccezione più sana e positiva del termine,  quando qualcosa di così semplice come il pane diventa così cult da essere di lusso.


oggi mi trovate qui:


mercoledì 11 settembre 2013

Yellow cab, gypsy cab, dollar cab, holla back. From Marieclaire.it with Love


New York.

La prima volta avevo circa 15 anni: mamma, il suo fidanzato di allora, i figli del fidanzato di allora. Non mi ricordo molto, se non l'immane fatica di adattarmi a quel fuso orario e la scontrosità per essere lì senza quella che io ritenevo la mia famiglia per intero: mamma e papà.

Bambini, Halloween, Gramercy Park, NYC

La seconda volta avevo 18 anni: ero a Boston a studiare e con Enrico, il mio primo grande amore, decidemmo di fare la nostra prima fuga romantica, quella che avrebbe suggellato il mio definitivo passaggio a femmina, a donna, e non più bambina, e decidemmo che il teatro di questo evento dovesse essere solo e proprio la Grande Mela.
Mi ricordo l'hotel un po' anonimo, con questi letti immensi, king size bed ricoperti da  trapunte un po' stantie, un po' folk.
Mi ricordo le luci, mi ricordo quella vertigine di trovarsi dalla parte opposta del mondo e al tempo stesso essere completamente libera e abbandonata a quella nuova esperienza, sapendo che in quei momenti si stavano costruendo ricordi indelebili, di quelli che proprio non ti potrai mai scordare, di quelli che racconterai alle tue figlie, e poi alle tue nipoti e loro stesse quando si troveranno in questa città ridacchieranno con le loro amiche ricordando quella matta della loro nonna Alice, nel lontano millenovecentoequalchecosa, che faceva scorribande e scopriva l'amore con un ragazzo dai capelli rossi e che aveva come animale domestico un'anaconda di nome Peggy.

La terza volta invece avevo 24 anni: ero appena tornata da una vacanza con amici ed ero stata obbligata da mia madre a partire alla volta dell'Italy-America Chamber of Commerce.
Le urlai, mentre superavo i controlli doganali, che sarei tornata dopo due mesi, che questa era una delle sue idee balzane e che lo faceva solo per non avermi intorno.

Che sciocca: non ritornai più in Italia, se non per rinnovare il visto e dare gli ultimi esami in università, per i successivi tre anni a venire.

Ero Alice nel paese delle meraviglie: camminavo su e giù per i blocks come se fosse la cosa più naturale del mondo, la sera facevo da baby sitter, ordinavo home delivery ogni giorno e mi divertivo a parlare con gli sconosciuti.

Mangiavo orange cranberry muffins bevendo spremute d'arancia e compravo tuberose al mercato dei farmers di Union Square ogni sabato.

Anthopologie, ABC Carpet, il cinema all'angolo tra la 21ma e la quinta, insieme con il Mimosa e le uova strapazzate, erano i miei rituali domenicali.

Neutralizzata newyorker, andavo a schiarirmi i pensieri in Central Park, mangiavo frozen yogurt dopo cena camminando sull'Hudson nelle sere primaverili e cominciavo ad agghindarmi per le varie feste di rito - Halloween, Thanksgiving, Natale- con un largo anticipo di mesi.

Avevo un amore, Marco, che lavorava nella city  e  mi baciava nel bar del W sotto casa e subito dopo una passione per Marcello, giovane cameriere toscano pieno di piercing e conosciuto al Gradisca, piccolo ristorante  italiano a Chelsea, che invece mi baciava ogni notte, finito il suo turno al ristorante, all'Express, una brasserie aperta 24 ore all'angolo tra la 23ma e Gramercy park, dove abitavo.

Scendevo il sabato mattina da casa, con ancora il sonno negli occhi, e il cappotto indossato sopra il pigiama per comprare Vogue US e bagels caldi nel delhi a fianco al mio portone e , come nella migliore tradizione di questa serendipità che avvolge questa città, ho incontrato Julia Roberts, anche lei nella mia stessa tenuta, ed anche lei diretta a comprarsi ciambelle e caffè nero.

Facevo yoga e mangiavo pretzel con la stessa facilità con cui ora scrivo.
Scovavo mercatini vintage e bevevo frozen margarita per poi spalare le tonnellate di neve che cadevano puntuali d'inverno.
Mi incantavo davanti ai pulmini gialli delle scuole e andavo al MET ogni mese.
Arrivava l'Autunno e mangiavo granola, bevendo sidro di mele caldo, nel ristorante dello Zoo di Central Park, comprando stupide calamite ogni volta e matite colorate.

mele a central park

Gipsy e lo street food newyorkese, qualche anno fa..

Union Square Market

La quarta volta che tornai ero con G.
Ovvero Lui che credevo l'uomo che avrei sposato, che forse dopo di lui chissà se amerò ancora così tanto e così forte.
Lui con cui abbiamo subaffittato questa minuscola casa uptown, dove i vicini la sera di capodanno ci avevano offerto wine and cheese, dove le pareti avevano i mattoni a vista, dove il riscaldamento borbottava e la doccia funzionava male.
Ma chissenefrega: eravamo così innamorati, così al sicuro dal freddo natalizio che tutto questo amore ci proteggeva e rendeva ancora più magica questa città.

Di quelle vacanze di capodanno mi ricordo noi, noi e quella meravigliosa camminata nelle luci fredde della sera, da Chinatown su fino alla nostra casa, tenendoci la mano e raccontandoci delle nostre famiglie e del futuro e tutto era così bello e naturale e sembrava di rimanere incantati in quel momento, in cui tra noi e tutto il resto c'era un oceano di mezzo.
Una meravigliosa prova di vita a due, in cui le nostre anime coincidevano ancora meglio che il burro con le noccioline.


Gipsy qualche anno fa con coroncina pre Capodanno

La quinta volta invece, feci da fattorino di lusso: dovetti portare in occasione del ballo al Metropolitan un abito fatto su misura per Madame Ciccone.
Partita di fretta e furia, senza preavviso e un po' agitata.
Il tutto si trasformò portata a termine la missione, in un weekend con la mia zia di Londra, che al tempo viveva lì.
Un weekend di shopping, di risate, di leggerezza, di confidenza come solo le zie sanno regalare.
Una New York in primavera, con il caldo che ti fa sorridere.
E mangiando una cupcakes abbiamo perfino ritrovato un cellulare su una panchina, che solo dopo, quando l'abbiamo restituito, abbiamo scoperto che era nientepopodimeno che di Vito Schnabel. Cose che succedono solo a NY.
Incroci di vita e di sguardi e di destini che vengono travolti nell'arco di una manciata di secondi.

La sesta volta eravamo di ritorno dagli Hamptons, sempre io e G.
Quella che per me era stata una luna di miele, in realtà aveva segnato il prodromo della fine della nostra relazione.
Come un cerchio che si chiude, ma anche quella volta questa incredibile città mi aveva regalato tramonti inaspettati e momenti delicati, da conservare come piccoli segreti nascosti.

Ed eccoci qui: un altro 11 settembre.
Un altro motivo in più per non scordare.
Si: ricordiamoci di non dare nulla per scontato.
Che la vita è meravigliosa e ci sono posti che sono fatti di pura magia e che regalano emozioni e sensazioni difficili da ritrovare. O forse siamo noi che mettiamo la magia in quello che facciamo, siamo noi che la portiamo un po' nei posti che visitiamo.





Una ricetta che per me fa autunno, e porta allo stesso tempo un po' di...magia, quando sprigiona il suo profumo dal forno.

Plumcake alla rosa

Nel carrello della spesa

1 vasetto di gelatina alla rosa
vaniglia pura del madagascar, 1 cucchiaio
1 bustina di lievito
1 vasetto di yogurt magro
250 gr di farina manitoba
70 gr di zucchero a velo
60 gr di zucchero di canna
50 gr di burro
3 uova
50 ml di latte

Voilà...Andiamo ai fornelli

Lavorare le uova con lo zucchero fino ad ottenere una morbida spuma bianca. Aggiungere la vaniglia, la farina setacciata con il levito, lo zucchero, il burro fuso e raffreddato, lo yogurt e impastare. A poco a poco incorporare il latte. Quando il composto è omogeneo, aggiungere la gelatina alla rosa e mescolare.
Fate cuocere per 45 /50 minuti a 160°C.
NB: la parte sotto rimarrà molto morbida, sembra quasi non cotta...ma lo è...ed è deliziosa!E' la gelatina alla rosa che con il calore si è cristallizzata!

oggi mi trovate qui



martedì 10 settembre 2013

Only miss the sun when it starts to snow

Che bel mese settembre, che le foglie cominciano a diventare rosse e la Natura ci dice che non siamo soli ad affrontare i primi freddi ma siamo circondati da una bellezza che toglie il fiato.


Che bel mese settembre, che ti offre la scusa per creare bouquet di matite ben temperate e perderti dentro il profumo di lana nuova dei maglioni appena esposti nei negozi.

Che bel mese settembre: mentre cammini e ascolti musica, ti capita di imbatterti in pensieri e riflessioni semplici come le mattine di domenica, fatte di Champagne Mimosa e uova strapazzate. Tutto va come deve andare. Noi che siamo principesse - e le principesse si sa, sono tatuate- siamo sveglie ora abbastanza per smettere di perderci in "sarebbe potuto essere". Adesso vogliamo un uomo - sempre con la barba-  che ci porti via. E non ci lasci scampo, regalandoci cioccolato, weekend piovosi  fatti di -come cantano i Maroon 5  - coperte rubate e pelle condivisa.

Che bel mese settembre: l'aria si fa più frizzante e allora puoi sbizzarriti con outfit improbabili: giacche di tweed e shorts di cotone a fiori, per esempio.




Che bel mese settembre: bevi spremute d'arancia e mangi muffin ai cranberries e aspetti con frenesia l'arrivo delle zucche.

Che bel mese settembre che sembra tutto più nuovo, che hai mille progetti, mille sogni che scalpitano per essere realizzati. Amiche da riabbracciare dopo la lunga estate calda, nipotine e nipoti appena nati che tornano in città e bisogna affrettarsi a conoscere.
Nuovi utensili da comprare, come il minipimer che il mio si è fuso dopo il grande tour de force a cui lo avevo costretto pre vacanze.
Una ricerca di una casa nuova, che io e la mia Cugi abiteremo per sempre insieme, anche quando avremo due mariti e quattro nani a testa, saremo in una di quelle villette a schiera una sopra l'altra così che invecchiando giocheremo a burraco e lei potrà sempre provare i miei esperimenti culinari.

Che bel mese settembre: una pizza al gorgonzola e salsiccia, un temporale fuori, una bottiglia di Chianti  e un divano curano ogni cosa.

Che bel mese settembre: la mia mamma in questo periodo parla solo di quando arriverà la neve e allora anche io ho incominciato a desiderare questi fiocchi che vengano un po' a ricoprire tutto. Una mia amica dice che stiamo attendendo così tanto l'autunno per coprirci, che questo rientro è stato faticoso e il Sole ci espone ancora troppo. Chissà: io ho voglia di neve, intanto.




Che bel mese settembre: ci sono momenti in cui ti infili l'abito più poetico che hai, quello a fiori di Luisa Beccaria, si quel vintage lì  e in un momento ti senti subito di nuovo leggera.
Quel famoso passo fuori dell'attimo che ti fa rendere conto la meraviglia di ciò di cui sei circondata.



Che bel mese settembre: sei legittimata a cominciare il countdown verso Natale, bevi sidro di mele e le serate si fanno lunghe. Ci si perde nel nuovo catalogo Ikea, si aspetta di scartare il primo camembert di stagione e le luci nelle case, alla sera, tornano gialle, così come nei pianerottoli si diffonde il profumo di piatti appena sfornati e cucinati e si ha una parvenza di amore tutto intorno.

Che bel mese settembre: tutte le mie ricette sull'Erbolario che stanno prendendo la forma di qualcosa di più di un semplice progetto.
Eccole qui:
http://www.erbolario.com/ricettevegane/

Così come le mie avventure in video: mai avrei creduto che mi avrebbe reso così felice la concretizzazione di un progetto, di un'idea.

Le avete viste tutte le puntate?

Eccole:
http://www.youtube.com/watch?v=blkoK8yaksY&list=PLYN4kKMV25vi5MLuvkOd8x3IAng0zM2B1

Una cara persona mi ha detto, guardando la prima puntata: puoi fare di meglio, lo so: devi far l'amore con le telecamere, mettici tutta la passione di cui sei capace.. Ed ora ogni volta che mi trovo di fronte alle telecamere, cara Valeria, penso a te e ai tuoi suggerimenti.


Che bel mese settembre: ricominci a cucinare risotti e il profumo del brodo si diffonde in tutta la casa. Ci sono i fiori di zucca e tutto è così: semplice.

Settembre, che sia un Autunno così:
di tè caldi
di pioggia
di vino rosso caldo tra le mani per scaldarsi e nella pancia per sorridere in leggerezza
di quel Sole un po' pallido
di calze pesanti
di sorrisi
di risotti
di abbracci nuovi e ritrovati



Risotto ai fiori di zucca

Nel carrello della spesa:

Fiori di zucca
Verdure per brodo vegetale ( o dado vegetale, per chi è di fretta...ma che sia buono e senza glutine!)
Rosmarino
Salvia
Olio EVO
Burro
Porri
Curry in polvere
Riso

Ai fornelli:

Fare un soffritto con olio, porri, salvia e rosmarino. Lasciare sfrigolare un po' e aggiungere il riso.
Farlo tostare per circa tre/ quattro minuti.
Nel mentre, assicurarsi che il brodo sia pronto. Aggiungerlo, e assicurarsi che mai il riso rimanga asciutto.
Aggiungere, il sale,  i fiori di zucca, tagliando grossolanamente con una forbice i gambi, e lasciando il fiore intero.
Per ultimo, aggiungere 1 cucchiaio di curry e un po' di burro per mantecare.
Buon appetito!